giovedì 6 novembre 2008

Delle madri e di altre catastrofi...

Incominciamo a raccontare una vera storia del terrore: l'ambientazione è nella città di *********, per essere più precisi l'azione si svolge nella libreria *****, la cui proprietaria si chiama *******.

Gli altri due personaggi sono una madre e un figlio sui tredici anni.
Ottimo. Ora che la location e i personaggi sono stati resi pubblici possiamo iniziare.
"La vuoi sapere una cosa?" mi dice *******, la proprietaria della libreria *****.
Certo che la voglio sapere.
E lei me la dice.
Una madre e un figlio sui tredici anni, il giorno prima, perlustrano la libreria ***** in cerca di carburante narrativo per rinvigorire la materia cerebrale: alias libri. Libri sul genere di quelli che piacciono a me. Libri sul genere di quelli che mi piace scrivere.
*******, la proprietaria della libreria *****, donna sublime, propone Il Divoratore, il mio romanzo, appunto.
La madre e il figlio entusiasti comprano. Escono. Rincasano. Leggono le prime pagine e...
RESTITUISCONO.
Perché?
PAROLACCE. Il mio libro è sotto processo, l’accusa è infamante: PAROLACCE. Il tribunale materno condanna Il Divoratore all’estradizione.
Senza il minimo gesto d’affetto, il libro viene riportato nella libreria di *****.
E la signora dice: “peccato perché la storia lo interessava, ma le parolacce…”
La scrittrice insorge: l’urlo è muto, le dita fracassano la tastiera del pc.
Ora. Qualche parolaccia c’è. Ma il punto è un altro. Non è che la scrittrice le ha sparse, come si dice, "a gratis". Le parolacce non appartengono alla voce narrante, absolutly not! Appartengono a un paio di personaggi (tredicenni) che parlano come parlano i tredicenni in certi contesti.
O meglio, che parlano come il figlio della signora che ha comprato e bistrattato il libro nella libreria *****.
Lancio un appello alle madri: ma questi figli li vogliamo difendere dai pericoli veri o dai mulini a vento?
Perché a questo punto proporrei di lanciare i televisori dal terrazzo, bruciare le radio, tornare all’epoca fantascientifica del capolavoro Fahrenheit 451, a questo punto la Sanità potrebbe proporre una lobotomia preventiva a scopo cautelativo. INSOMMA! Mi chiedo: ma perché non educarli al pensiero divergente piuttosto! Perché non correre il rischio di leggere un libro discutibile o “pericoloso” per poi parlarne assieme, perché non creare possibilità di confronto, perché non imparare a gestire il conflitto?
Io credo ne valga la pena. I roghi non servono a nessuno. Il grande fratello, la talpa, l’isola dei famosi, le risse in parlamento, il papa che veste Prada, politiche fraudolente, guerre ingiustificate, discriminazioni razziali, famiglie consumatrici che consumano domeniche nei centri commerciali, pubblicità che strumentalizzano Gandhi, ma che tutti guardano con l’occhio lucido perché sembra parlino di pace nel mondo… Eppure queste cose sembrano disturbare meno madri e padri. E la cosa mi preoccupa.

Il Divoratore non è volgare. E non è assolutamente scurrile. È una storia vera. Che credo essere profonda e credo sappia trovare il giusto registro per parlare ai ragazzi. E anche alle madri.
Il Divoratore ha un contenuto EDUCATIVO, ma non si nasconde dietro falsi moralismi. Una storia, quando è vera, rinuncia volentieri a ipocrisie e a un rassicurante sorriso di facciata.

Si chiama Il Divoratore, non si chiama “Il profumato pomeriggio del topolino Tommy”.
È una scommessa. Una sfida. Un invito ai ragazzi e agli adulti. Si parla di paure.
E la mamma si è spaventata a mio avviso più del figlio.
Accetto che il mio libro possa piacere e non piacere. Possa essere amato o possa fare schifo. Ma non accetto un pregiudizio simile come quello delle PAROLACCE.
La volgarità sta da un’altra parte. E i media ci hanno abituato così bene che nemmeno ce ne rendiamo più conto.
Ora, madri, prima di correre dall’esorcista, fermatevi e leggete, interrogate il libro prima di processarlo, dentro troverete anche i vostri figli. E forse, li capirete meglio.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Dunque... Ad essere sincero, anche io all'inizio ero rimasto un attimo dubbioso riguardo al linguaggio utilizzato dai tuoi ragazzi.
Poi ho ripensato a quando io avevo tredici anni. E come a volte si usavano le parole per sentirsi grandi, per dimostrarsi all'altezza, per infrangere le regole.
Anche questo sottolinea quanto sia un libro incredibilmente realistico. Ed è proprio questo suo realismo a rendere tutto terribilmente inquietante.

Unknown ha detto...

Ah, quasi dimenticavo dove volevo arrivare: che prima di giudicare, bisognerebbe un attimo avere una visione globale dei fatti. Magari leggere tutto il libro avrebbe aiutato...

La Tela Sonora ha detto...

carissima LG
tu sei un portento di madre natura e mai ho letto qualcosa di cosi toccante, semplice, e realistico e vero

grazie fanciulla non ti conosco ma presto conto di invitarti in radio
il tema della madre e della procreazione e di tutti gli obblighi doveri e piaceri della maternità é quantomai moderno ed attuale

ti bacio e sei sul blog della LA TELA SONORA
http://latelasonora.blogspot.com
abbracci sonori

Lorenza Ghinelli ha detto...

Ho letto solo ora, grazie di cuore!